“AMADEUS” : STORIA DI UN GENIO DELLA MUSICA

on 12 Ottobre 2015 in Sixties Cults

Cari Birikini,

si sa, una radio tratta di musica ma questa volta non parleremo di quella che ha animato gli anni ’60, ’70 e ’80 ma di un’epoca e un genere totalmente diversi: la classica. E lo facciamo con un film biografico – drammatico degli anni ’80.

Correva l’anno 1985 quando il film “Amadeus” veniva insignito di sette premi Oscar. Il lungometraggio diretto da Milos Forman racconta la rivalità tra i compositori Wolfgang Amadeus Mozart e Antonio Salieri. Siamo a Vienna nel 1823 quando l’anziano Salieri, ricoverato in manicomio, confessa ad un sacerdote di aver provocato la morte del più amato compositore del tempo. Da qui inizia una lunga sequenza fatta di flashback, che tratta il rapporto esistente tra i due musicisti e l’invidia nutrita dal compositore di corte nei confronti del giovane talentuoso. L’incontro tra le due figure avviene in modo bizzarro: Salieri si imbatte in un ragazzo ingenuo e farfallone, intento a rincorrere una fanciulla. Una volta scoperto che quello è Mozart, rimane inorridito: come può un uomo così volgare comporre con tale grazia?

Il talento e il dono musicale di Mozart al quale vengono commissionate numerose opere, fanno si che in Salieri si faccia vivo un gran senso di gelosia e desiderio di vendetta. Salieri attribuisce tutte le “colpe” a Dio per aver donato genialità ad un soggetto immeritevole, dal suo punto di vista. Le scene finali del film vedono Mozart, ormai in fin di vita a causa del veleno somministrato di giorno in giorno su commissione da Salieri, dettare al suo rivale le note dell’ ultima opera incompiuta: il Requiem.

Il film si ispira all’omonimo lavoro teatrale di Peter Shaffer. In realtà, secondo le fonti, la colpa della morte di Mozart non è stata causata dall’invidia di Salieri ma da una malattia ai reni.

La colonna sonora è principalmente composta da brani di Wolfgang Amadeus Mozart tra cui: “Serenata Gran Partita”, “Il ratto del serraglio”, Sinfonia”, Messa in Do minore K 427”, “Le nozze di Figaro”, “Don Giovanni, a cenar teco m’invitasti” tratto dal “Don Giovanni” e parte del “Requiem” (Introitus, Dies Irae, Rex tremendae, Confutatis e Lacrimosa).

Un film eccezionale, capace di portare lo spettatore nel mondo di uno dei compositori più innovativi della storia della musica. Un lungometraggio che consigliamo a tutti voi Birikini, amanti della buona musica!

OK IL PREZZO E’ GIUSTO!

on 5 Ottobre 2015 in Sixties Cults

Carissimi Birikini,

vi immagino incollati alla televisione per giocare da casa a “Ok, è il prezzo giusto”! Ve lo ricordate?

Un format americano ideato da Mark Goodson e Bill Todman, che venne presentato al pubblico per la prima volta il 26 novembre del 1956 sulle frequenze della NBC. A condurre la trasmissione era Bill Cullen. Il successo riscosso all’estero fu confermato nel nostro Paese, dove il gioco fece il suo ingresso nelle case degli italiani il 21 dicembre del 1983 alle ore 20.45.

La conduzione venne affidata a Gigi Sabani che nelle due ore di messa in onda proponeva divertenti sketch. Realizzato negli studi di Antenna 3 Lombardia, il programma era strutturato in maniera molto semplice: la platea in cui sedevano i 150 probabili concorrenti, il banco delle postazioni con display, il palco con a fianco una pedana girevole e tre vetrine con i premi in palio.

La grande partecipazione, l’entità dei premi (pellicce, automobili, elettrodomestici, oggetti d’arredamento, viaggi) portarono alla vittoria di un Telegatto nella categoria “Giochi e quiz” (1984). La seconda edizione del programma si svolse negli studi di Cologno Monzese con inizio in data 13 marzo 1985. Anche quest’edizione si aggiudicò un Telegatto.

Voulez vous danser” dei Ricchi e Poveri fu scelta come sigla di coda. Nonostante Sabani abbia dato il via alla trasmissione, Iva Zanicchi è indubbiamente la conduttrice più ricordata poiché impegnata nel format per ben tredici anni. In pochi ricorderanno che madrine del programma, anche se per poco tempo, sono state Emanuela Folliero e Maria Teresa Ruta.

Ma in cosa consisteva il gioco? Dei 150 presenti venivano scelte quattro persone. Nelle prime due manches dovevano avvicinarsi alla cifra di vendita di un oggetto. Tre erano i concorrenti che potevano accedere al gioco “della ruota” in cui, il o la concorrente che con due giri di ruota si avvicinava a 100, aveva diritto alla finale. I due giocatori vincitori alla ruota dovevano indovinare il costo totale della vetrina con gli oggetti. Tra i mini- giochi previsti nel gioco si ricordano: il Girasole, Telefono Casa, Inflazione, Gran menù, Mini Market, Prendere o Lasciare, Occhio al prezzo e molti altri.

“Ok, è il prezzo giusto” è senza alcun dubbio un passatempo divertente che segna tuttavia, il trionfo del consumismo!

L’INTRAMONTABILE CHANEL N° 5

on 1 Ottobre 2015 in Sixties Cults

Chanel, tutti conosciamo questo brand e tutti sappiamo che il profumo Chanel N°5 è la fragranza delle grandi dive del cinema, una su tutti Marilyn Monroe che alla domanda “Cosa indossi per andare a dormire?” rispose con la celebre frase “Solo due gocce di Chanel N°5!”.

Sarà il Gelsomino di Grasse o il Ylang- Ylang o ancora, la Rosa di Maggio ma pare che se ne venda un flacone ogni 55 secondi e che sia stato eletto come il profumo più sensuale del mondo. Chanel N°5, così estremamente femminile, risulta essere il profumo dei record ma qual è il segreto della sua immortalità?

Mademoiselle Coco Chanel voleva dar vita ad un profumo da donna, che profumasse di donna e che presentasse tutte le complessità e l’eleganza che la caratterizzano; questo avveniva nel lontano 1921, momento importante per le correnti artistiche d’avanguardia ma anche per la casa di moda francese: forse inconsapevolmente la Signora della maison stava dando vita al manifesto olfattivo, fonte d’ispirazione per successive creazioni dell’industria cosmetica. E da donna libera e audace quale era Coco, alla domanda “Dove indossare il profumo”, ella rispondeva “Ovunque si voglia essere baciata!”. Chanel N°5 doveva essere unico, inconfondibile, moderno e accattivante e visto la grande fortuna possiamo tranquillamente affermare che, ancora una volta, Chanel è riuscita nel suo intento!

Le idee sono un buon punto di partenza ma talvolta è necessario ci sia qualcuno in grado di aiutare la messa in opera: nel caso che stiamo trattando, galeotto fu l’incontro con il profumiere Ernest Beaux. Mademoiselle Chanel voleva un unicum e Beaux la accontentò utilizzando per primo le aldeidi alifatiche (composizioni chimiche) il risultato? Annusare per credere!

Altra rivoluzione riguarda il packaging: una semplice bottiglia da farmacia trasparente e dalle linee di design pure, minimali, per nulla femminili ma pur sempre di grande impatto ed eleganza.

Eppure anche un profumo, essendo prodotto commerciale, ha bisogno della sua pubblicità; inizialmente, dal 1921 al 1924, Coco scelse di non seguire alcuna strategia di marketing: la prima ondata di successo si deve esclusivamente al passaparola. La prima vera e propria pubblicità del profumo risale al 16 dicembre 1924 per il New York Times e il riscontro fu immediato: un vero e proprio boom di vendite, basti pensare che durante il periodo bellico i soldati americani sul fronte parigino, ne acquistavano un flacone che ricordasse loro l’idea del lusso e l’eleganza. Arriviamo al periodo dopo la seconda guerra mondiale: testimonial la grande Marilyn Monroe. Da allora numerose sono state le donne di Chanel N°5: Catherine Deneuve, Ali MacGraw, Estella Warren, Lauren Hutton, Carole Bouquet, Nicole Kidman, Audrey Tatou, Gisele Bundchen. Agli spot hanno collaborato grandi registi come Ridley Scott, Luc Besson, Baz Luhrmann, Joe Wright, rendendo le pubblicità veri e propri cortometraggi di qualità, arte e bellezza; dei veri capolavori!

Ma le sorprese non finiscono qui: la maison Chanel nel 2012 ha puntato il dito su Brad Pitt, scegliendolo come nuovo volto per la campagna pubblicitaria. Una decisione che ha sorpreso tutti: un profumo nato per esaltare eleganza e femminilità, per la prima volta rappresentato da un uomo, o forse è la risposta a tutti gli spot che mettevano in risalto la donna?

Chanel N°5 è la fragranza che non ha età… Rimane da chiedersi, chi sarà il o la testimonial della campagna 2016?

BRIGITTE BARDOT, UNA DIVA CHE HA SAPUTO FAR PARLARE DI SE’

on 28 Settembre 2015 in Sixties Cults

Un’icona sexy dello spettacolo, più di ottant’anni e mai un minuto senza far parlare di sé; questa è Brigitte Bardot, la donna che ha segnato il cambiamento di un’epoca: quella delle libertà individuali, del permissivismo che ha seguito il periodo di crisi bellica.

B.B., così viene soprannominata, nasce da una famiglia parigina di estrazione borghese il 28 settembre 1934. Il visino paffuto e lo sguardo penetrante quasi magnetico, non passano inosservati: la Bardot è adatta al grande schermo ed ecco che nel 1952 compare per la prima volta nel film “Le Trou Normand”, diretto da Jean Boyer. In quello stesso anno (a soli diciotto anni) sposa il regista Roger Vadim. Dopo l’esordio prosegue con il film “Marina, ragazza senza veli” di Willy Rozier: è qui che l’attrice conquista tutti per il bikini succinto, sfoggiato. Le prime pellicole sono per lo più storie d’amore: nel 1954 prende parte al cast del film “Elena di Troia”; nello stesso anno è impegnata anche in “Atto d’amore” per poi, nel 1955 lavorare al fianco di Dirk Bogarde in “Dottore in alto mare”. Dopo l’esperienza negli studi americani di Hollywood, l’artista fa ritorno in Europa. Nel 1957 attrice e regista divorziano; due anni dopo la Bardot è già promessa all’attore Jacques Charrier dalla cui unione nasce Nicolas- Jacques Charrier. Nel 1962 la coppia decide di prendere strade diverse.

Il periodo difficoltoso dal punto di vista personale coincide il declino anche dal lato professionale: i ruoli interpretati non sono sufficienti per mutare l’idea comune affibbiatale di sex symbol. Queste continue pressioni portano ad un crollo emotivo, tanto che la Bardot arriva a tentare il suicidio.

Tra i film di questo decennio citiamo: “Vita privata” (1961) di Louis Malle, “Viva Maria” (1969), “Erasmo il lentigginoso”. Tutto questo sul fronte lavorativo, dal lato sentimentale l’attrice si sposa (anche sta volta per soli tre anni), con il ricchissimo Gunther Sachs per poi, nel 1992 (a cinquant’anni) convolare a nozze con Bernard d’Ormale (esponente politico della destra francese).

Con più di cinquanta lungometraggi alle spalle, Brigitte Bardot annuncia il ritiro dalle scene nel 1974. La nuova vita lontano dal grande schermo viene dedicata alla salvaguardia degli animali, un impegno che la porta, nel 1986, alla nascita della “Fondazione Brigitte Bardot per il Benessere e la Protezione degli Animali”. Risale al 2003 la pubblicazione del libro “Un grido nel silenzio” che le costa ben 15.000€ di multa per istigazione all’odio verso la comunità musulmana.

Nonostante le polemiche, il carattere irruento, l’invidia delle altre donne che la definiscono una “rovina matrimoni”, Brigitte Bardot è e rimane icona sexy del cinema degli anni ’50 e ’60 e simbolo del cambiamento della donna nella società.

 

DON BACKY

on 25 Settembre 2015 in Sixties Cults

Don Backy è uno dei cantati più noti degli anni Sessanta. Il cantante nel 2014 riceve il “Premio Italiano alla Carriera” assegnato da CAPAM, durante la serata si esibisce interprentando i suoi successi e ottenendo un grande successo dal pubblico che lo acclama.

Aldo Caponi, prima di diventare Don Backy, lavora in una conceria di pellame a Santa Croce sull’Arno, e intanto coltiva la passione per la pittura, la recitazione e il rock. Riuscirà a realizzarsi in tutti e tre i campi.

Inizia a strimpellare la chitarra da ragazzino, dopo aver visto al cinema, nel 1956, il film “Senza tregua il rock and roll”, in cui Bill Haley canta, accompagnato dal gruppo dei Comets, “Rock around the clock”. Comincia quindi a cantare il genere con il gruppo dei “Golden Boys” – lavorando di giorno come impiegato in una conceria di pellami –  usando il nome d’arte di Agaton e, ben presto, a comporre canzoni, finché nel 1960 incide il suo primo 45giri, registrato a Roma e autoprodotto, contenente le canzoni “Volo lontano” e “Solo con te” con il nome di ‘Agaton e i Pirati’.

L’anno successivo scrive “La storia di Frankie Ballan”, una ballata ispirata alla storia di Franco, un suo amico scappato di casa con la sua ragazza Wally : la musica, assolutamente inusuale in quel periodo, ricorda molto le atmosfere western. Il giovane Aldo crede fino in fondo a questa canzone : si reca a Torino per inciderla in un terzo 45 giri autoprodotto. Il disco fu inviato a discografici e produttori. Il maestro Detto Mariano, all’epoca collaboratore di Alessandro, Celentano, ascolta il disco e lo segnala ad Adriano, che sta cercando nuovi artisti da lanciare per la sua casa discografica, il Clan Celentano. Solo la curiosità spinge Milena Cantù, all’epoca fidanzata di Celentano, a riascoltare il disco, rimanendone entusiasta. Adriano Celentano si convince allora dell’originalità del brano e del cantante e lo fa contattare dal fratello con una lettera raccomandata. Il ragazzo si presenta emozionatissimo a Milano e fu subito scritturato.

Ricky Gianco, Guidone e altri componenti del Clan decidono di cambiare il nome d’arte di Agaton e optano per Don Backy. La neonata etichetta discografica lo invia al primo Cantagiro con “La storia di Frankie Ballan”. Sulla facciata B del disco fu incisa la canzone “Il Fuggiasco”. L’anno successivo Don Backy partecipa alla seconda edizione della manifestazione con il brano “Amico”, cover di un brano di Burt Bacharach, riscuotendo anche in questo caso un lusinghiero successo di vendite. Nello stesso anno, cantando “La carità”, facciata B di “Amico”, prende parte al film “Il monaco di Monza” con Totò, per la regia di Sergio Corbucci. In questo film Don Backy e Celentano compaiono nei panni di due frati, cantando una canzone di Don Backy, “La Carità”.

Un altro successo di quell’anno è l’irriverente “Ho rimasto” – che crea scandalo per l’errore grammaticale contenuto nel testo – seguito l’anno dopo da “Io che giro il mondo”. Don Backy scrive anche testi per altri autori del Clan : sulla musica di “Stand by me” racconta la storia di una ragazza non vedente, e la canzone “Pregherò” diventa un grande successo di Celentano ; per Ricky Gianco scrive il testo di “Tu vedrai”, sulla musica di “Don’t play that song”, che sarà lanciata quale seguito di “Pregherò”. Il 1964 è anche l’anno di “Cara”, che sarà seguita nel 1965 dal brano “L’amore”, giudicata da lui come la canzone che gli apre definitivamente il suo mondo di ‘cantainventore’.

Nel 1967 è al Festival di Sanremo in coppia con Johnny Dorelli con una delle sue canzoni più celebri, “L’immensità”, sarà ripresa subito da Mina, da Milva e da decine di artisti nel tempo. Segue il grande trionfo con “Poesia”, scritta nell’estate dello stesso anno. L’anno dopo, per problemi legati alle royalties effettive pagategli sui dischi venduti, abbandona il Clan Celentano. Le versioni di questa vicenda sono divergenti, ma nel 1974, Celentano giungerà a una transazione, considerate le prove inconfutabili presentate da Don Backy.

Il cantautore toscano nel 1968 avrebbe dovuto partecipare al Festival di Sanremo in coppia con Milva con il suo brano “Canzone”, ma Ornella Vanoni si è infatuata della sua canzone “Casa bianca” e la pretende per il festival. Don Backy non può però accontentarla, perché il regolamento di allora vietava a un compositore di presentare più di un brano. Il Clan trova l’escomotage di far presentare la documentazione riguardante “Casa Bianca” facendola firmare da un prestanome. Questa è la goccia che fa traboccare il vaso, già abbondantemente colmo dalla vicenda delle royalties che Celentano per 7 anni non ha pagato a Don Backy, per le canzoni che hanno portato al successo lo stesso Adriano Celentano. La situazione precipita e così Celentano gli impedisce di partecipare come cantante al Festival di Sanremo.

La sua “Canzone” sarà interpretata proprio da Adriano Celentano che, vendicandosi di quello che lui reputa il tradimento di un amico, la canta stonando volutamente, fingendo di dimenticarsi le parole, e con un tono distratto e svagato che non rende giustizia al brano. Nonostante ciò la canzone arriva terza, grazie soprattutto a Milva, e “Casa bianca” si classifica seconda. Il giorno successivo, il quotidiano “La Notte” titola in prima pagina : “Don Backy vince senza cantare”. Anche questa canzone è incisa da svariati artisti, tra i quali Massimo Ranieri.

L’artista toscano prontamente fonda una sua casa discografica, chiamandola ‘Amico’ dal titolo del suo primo successo, ma qualcuno vedrà in questo nome un riferimento ironico alla vicenda che lo vede contrapposto a Celentano. Il primo 45 giri esce con “Canzone” e, sul lato B, “Casa bianca”. Il Clan pubblica un altro 45giri usando il provino che Don Backy aveva inciso in precedenza, e tutto ciò, unito ai dischi cantati da Milva e da Celentano, fa in modo che nello stesso periodo ci siano ben 4 dischi con la stessa canzone : la versione di Don Backy risulta di gran lunga la più venduta e raggiunge il primo posto nella hit parade per due settimane. La vicenda prosegue in tribunale : Celentano denuncia Don Backy per aver rotto il contratto, e Don Backy a sua volta lo denuncia per royalties non pagate al 100% sui dischi realizzati da lui.

Don Backy si rifà l’anno dopo con “Un sorriso”, in coppia con Milva, che vince la prima serata e si classifica terza a Sanremo 1969 riscuotendo un buon successo di vendite, che continua negli anni successivi con “Cronaca” nel 1970 e con “Bianchi cristalli sereni”, presentata al Festival nel 1971. Nel 1971 propone a Mina “Sognando”, storia di un disagio mentale, che riscuote un grande successo nel 1976. La cantante inserisce in un 45 giri un altro brano di Don Backy, “Nuda”, che la radio censura per il testo. Con il passare degli anni Don Backy, allontanatosi dalle scene musicali, si dedica ad altre attività.

Il 16 maggio 2014 ritira a Genova presso il FIM, dove riceve il ‘Premio Italia alla Carriera’ assegnato da CAPAM e consegnato da Verdiano Vera, organizzatore della manifestazione. Durante l’evento si esibisce interpretando i suoi più grandi successi e ottenendo un ottimo consenso da parte di un folto pubblico che lo acclama.

IL TEMPO DELLE MELE

on 21 Settembre 2015 in Sixties Cults

Correva l’anno 1980 quando nelle sale cinematografiche impazzava il film “Il tempo delle mele”. Ve lo ricordate? E come scordare la scena in cui Vic indossa le cuffie per ascoltare la famosa “Reality” di Richard Sanderson?

Ma facciamo un passo indietro: il film venne realizzato in Francia sotto la direzione di Claude Pinoteau. L’ambientazione è la bella Parigi e il racconto si apre sul primo giorno di scuola di Victoire “Vic” Berreton, una ragazzina di tredici anni da poco arrivata in città. I genitori della giovane sono molto presi dal loro lavoro e non hanno molto tempo di seguire la figlia che inizia a costruire la propria vita: fa amicizia Penelope (sua compagna di classe) che la convince a prender parte ad una festa organizzata da altri due coetanei.

Come qualunque adolescente che si rispetti la festa è il movente che scatena la lite tra la protagonista e i genitori che alla fine, le accordano il permesso. Durante la serata Vic incontra Mathieu che nel corso del film diventerà il suo ragazzo. I rapporti tra i genitori di Vic si fanno sempre più tesi, per questo la ragazza viene mandata in Belgio con la nonna.

La nonna è per Vic un importante punto di riferimento: più moderna e permissiva dei genitori, è capace di cogliere le esigenze della protagonista anche se, questa volta teme che la nipote possa “bruciare le tappe” (Vic infatti uscirà per una romantica serata insieme al suo primo ragazzo). Alla fine, mentre i genitori di Vic si riavvicinano (la madre è in dolce attesa), la fanciulla sembra allontanarsi da Mathieau e alla festa del suo quattordicesimo compleanno un nuovo ragazzo che la colpisce dritto al cuore…
Un film di grande attualità quello di Claude Pinoteau che affronta il periodo dell’adolescenza: i primi amori e cotte, i conflitti generazionali e i guai scolastici. Bastano le parole della canzone “Reality”: “Dreams are my reality” cioè i sogni sono la mia realtà per ritornare al periodo della nostra adolescenza!

Il tempo delle mele

STEFANIA SANDRELLI

on 18 Settembre 2015 in Sixties Cults

110 film, 50 anni di carriera con i migliori attori e registi… Non potevamo non dedicare uno spazio a Stefania Sandrelli!

L’attrice è nata il 5 giugno 1946. A soli quindici anni ha partecipato a Miss Italia svoltosi, per quell’edizione, a Salsomaggiore Terme. La Sandrelli non si è aggiudicata la fascia ma, come spesso accade, le vere Miss vengono notate quando ormai il sipario è chiuso (ne è un chiaro esempio la Loren); tuttavia la giovane Stefania è stata tra le più ammirate dai giudici per bellezza, tanto da non essere sfuggita nemmeno all’occhio del regista Mario Sequi che l’ha reclutata nel cast di “Gioventù e bellezza”.

La carriera nel mondo del cinema prosegue nel 1961 a fianco di Ugo Tognazzi per il film “Il federale”; di lei Tognazzi diceva: “ Stafania non è come tutti noi. Vive sempre in uno stato di leggera levitazione”. Ma è con il regista Pietro Germi che la vuole nel ruolo di Angela per il film “Divorzio all’italiana”, che la Sandrelli diventa una vera e propria star, a fianco dell’intramontabile Marcello Mastroianni. Con Germi lavorerà anche in “Sedotta e abbandonata”(1964) e in “L’immortale” del ’67.

Il ’64 è l’anno della nascita di Amanda, la figlia nata dalla relazione tra l’attrice e Gino Paoli (all’epoca sposato).

Gli anni ’70 sono il periodo della consacrazione per la Sandrelli, che prende parte al cult di Bernardo Bertolucci “Il conformista” e affianca Vittorio Gassman in “Brancaleone alle crociate”. Altri film sono “Alfredo Alfredo”(1972), “Il diavolo nel cervello “ (1972), “C’eravamo tanto amati “(1974). E come dimenticarla al fianco di Robert De Niro in “Novecento”!

Non possiamo nemmeno scordare la collaborazione con Tinto Brass, che tanto ha fatto discutere sul genere erotico artistico. Un film su tutti, “La chiave” (1983) in cui l’artista si mostra in tutta la sua bellezza e sensualità.

Dopo essersi aggiudicata nel 1989 il David di Donatello come miglior attrice per il lungometraggio “Mignon è la partita”, la star collabora con varie reti televisive. A tal proposito citiamo “I racconti del maresciallo” (1984), “La moglie ingenua e il marito malato “(1989) e più di recente “Il bello delle donne”, “Ricomincio da me”, “Io e mamma” (con la figlia Amanda).

Stefania Sandrelli è inarrestabile e continua anche sul grande schermo; la vediamo apparire in film come “Io ballo da sola “1996, “La cena” (1998), “Evelina e i suoi figli” (1990), “Palermo Milano – Solo andata” (1995) con Giancarlo Giannini, e più recentemente “L’ultimo bacio” (2001), “Un giorno perfetto” (2008), “Tutta colpa della musica” (2011).

Insomma, una grande attrice che alla domanda “Conserva i vestiti “storici” della sua vita?” risponde: “Dell’antichità trattengo poche cose… ma il bikini di “Divorzio all’italiana” lo conserverò tutta la vita!”.

RAFFAELLA CARRÀ

on 14 Settembre 2015 in Sixties Cults

Continuiamo oggi con la seconda parte di un tris che vuole parlare di alcune donne (ardua scelta) italiane che per talento naturale, grande lavoro e continue capacità di reinventarsi, sono state e sono tutt’ora sotto ai riflettori del panorama dello spettacolo italiano.
E non poteva mancare lei: la mitica Raffella.

Ballerina, cantante, attrice, conduttrice, showgirl….Tutto questo è Raffaella Carrà che dal 1950 ad oggi interpreta la colonna sonora della nostra televisione.

Raffaella Maria Roberta Pelloni (questo il suo vero nome) è nata il 18 giugno del 1943 a Bologna. A soli otto anni lascia la Romagna per seguire i corsi all’Accademia Nazionale di Danza di Roma. Da qui inizia la passione per il mondo dello spettacolo: si iscrive al Centro Sperimentale di cinematografia grazie al quale riesce ad ottenere un primo ruolo, per il film “Tormento del passato” di Mario Bonnard. Risale al 1960 la partecipazione a “La lunga notte del ‘43” di Florestano Vancini e a “Il peccato degli anni verdi” di Leopoldo Trieste. Come attrice non riscuote grande successo malgrado la partecipazione a“Il colonnello Von Ryan” insieme a Frank Sinatra e questo spinge l’artista a far leva sulle doti di cantante, presentatrice e soubrette. In questi anni nasce lo pseudonimo Carrà, ad affibbiarglielo il regista Dante Guardamagna.

A partire dal 1960 inizia a recitare a teatro per poi debuttare in televisione prima nel programma “Tempo di musica” e poi in “Il paroliere questo sconosciuto” come valletta di Lelio Luttazzi. Il vero successo tyelevisivo non tarda ad arrivare: sono gli anni 1969 e 1970 quando l’artista è parte del cast “Io, Agata, tu”; sempre nello stesso anno è a fianco di Corrado in “Canzonissima” dove dà scandalo per la pancia scoperta mostrata nella sigla “Ma che musica Maestro!”, ve la ricordate?

Per altri due anni ritorna a “Canzonissima”: il 1971 è l’anno del “Tuca Tuca” e della canzoncina per bambini “Maga Maghella” (ispirata al personaggio da lei inventato), il 1974 è il momento del tormentone dal titolo “Rumore” .

Nello stesso anno presenta “Milleluci” insieme alla grande Mina. Ma la Raffa Nazionale non si ferma e dal 1983 al 1985 presenta il programma di successo “Pronto Raffaella”, per cui si aggiudica il premio “Personaggio televisivo femminile a livello europeo”. E poi è la volta di “Buonasera Raffaella” (1985-’86), “Domenica In (1976), “Raffaella Carrà Show”, “il principe azzurro”, “Raffaella Venerdì, Sabato, Domenica… E saranno famosi”, “Ricomincio da due”. Nel 1995 ritorna con “Carramba! Che sorpresa”. Nel 2000 al fianco di Paolo Bonolis presenta il “Gran Premio Internazionale dello Spettacolo” a cui fa seguito la 51esima edizione del Festival di Sanremo.

Nessuno ferma il caschetto biondo più famoso d’Italia che nel 2013 e nel 2014 ha preso parte alla trasmissione televisiva “The Voice of Italy” in qualità di giudice per poi, nel 2014 e 2015 ritornare con “Forte Forte Forte”

Insomma, cari Birikini, l’esplosiva Raffaella Carrà, colei che ci ha fatto ballare sulle note del “Tuca Tuca”, cantare e sorridere su canzoni come “A far l’amore comincia tu” o “Tanti auguri”, è già parte della storia della televisione e forse, non solo di quella!

MONICA VITTI

on 11 Settembre 2015 in Sixties Cults

Cari amici di Birikina,

come dimenticare la grande attrice Monica Vitti?

Monica Vitti è il nome d’arte di Maria Luisa Ceciarelli, nata a Roma il 3 novembre 1931 da madre bolognese e padre romano. Durante la guerra si manifesta il suo grande sogno ovvero diventare un’attrice di teatro; obiettivo che comincia ad inseguire iscrivendosi all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica (all’epoca diretta dal grande Silvio D’Amico). E’ sempre in questi anni che sceglie di farsi chiamare Monica Vitti: Monica, nome che aveva appena letto in un libro e Vitti che deriva dal cognome della madre (Vittiglia).

Nel 1956 debutta a teatro nella tragedia shakesperiana “Amleto” in cui le viene affidato il ruolo di Ofelia.

Dopo qualche parte di secondo piano in alcune pellicole comiche, la Vitti venne notata dal regista Michelangelo Antonioni con cui intreccia una relazione sia professionale che personale; ecco che diventa la tormentata Claudia nel film del 1960 “L’avventura”, ne “La notte” (1961) interpreta la tentatrice Valentina, nel 1962 la misteriosa Vittoria per il lungometraggio “L’eclisse” e due anni dopo, interpreta la nevrotica Giuliana in “Deserto rosso” consacrata dal Leone d’oro a Venezia.

L’autoironia viene scoperta nel 1966 quando accetta di recitare nel film inglese “Un divertimento in stile 007” a cui seguono “Fai in fretta a uccidermi…ho freddo” e “Ti ho sposato per allegria”.

Attrice versatile passa da ruoli impegnati alle commedie di Mario Monicelli che la vuole per il peronaggio di Assunta Patanè in “La ragazza con la pistola” (1968). Mario Monicelli metterà in risalto la vena comica dell’interprete anche nei film “Amore mio aiutami” del 1969 e in “Dramma della gelosia – Tutti i particolari di cronaca” (1970). Durante gli anni ’70 Monica Vitti collabora a numerosi film tra cui “La pacifista” (1971), “Il fantasma della libertà” (1974), “Ragione di stato” (1978) e “il cilindro” (commedia televisiva). Nel decennio successivo continua a dividersi tra cinema e teatro: per ciò che riguarda il cinema riceve il premio al Festival di Berlino del 1984 in “Flirt”, in teatro porta in scena “La strana coppia” e “Pagina pagina”. Monica continua a stupire il pubblico con “Il tango della gelosia” (1980) e “Il Mistero Oberwald” presentato alla Mostra di Venezia dell’80.

Ma la Vitti non è stata solo una grande attrice ma anche una regista e sceneggiatrice; nel 1990 dirige il film “Scandalo segreto”. Nel 1995 durante la Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica riceve il Leone d’Oro alla carriera. Nel 2002 si mostra al pubblico un’ultima volta alla prima teatrale del musical di Riccardo Cocciante “Notre Dame de Paris”. Da allora Monica Vitti sceglie di non mostrarsi più al pubblico, anche a causa della dolorosa malattia degenerativa.