Diabolik

on 14 Novembre 2014 in Sixties Cults

Diabolik’ è un personaggio dei fumetti creato nel 1962 da Angela e Luciana Giussani. Le sue avventure furono pubblicate dalla casa editrice milanese Astorina. Il personaggio nacque da un’idea di Angela Giussani che, osservando tutti i giorni i pendolari che transitavano per la Stazione di Milano, ebbe l’intuizione di realizzare un fumetto con un formato tascabile. Per capire i gusti dei suoi potenziali clienti, Angela condusse un’indagine di mercato da cui scaturì che molti in viaggio leggevano romanzi gialli. Nasce così il ‘formato Diabolik’, poi ripreso da molte altre pubblicazioni del genere.

Il primo numero, uscito il 1º novembre 1962 portava il titolo “Il re del terrore”. Diabolik è un ladro spietato e quasi sempre vincente. Fidanzato inizialmente con Elisabeth Gay,nel terzo numero della serie incontra la bellissima Eva Kant, che diventerà la sua compagna di vita. Non si fanno scrupoli morali, in quanto spesso le vittime sono ricche famiglie, banche o altri personaggi che si sono arricchiti in modo illecito. Il ricavato serve per vivere una vita agiata e per finanziare i nuovi e sofisticati metodi per le future rapine, spesso tecnologicamente al limite dell’irreale, ma di grande impatto visivo.

 

 

 

L’incontro di Diabolik con Eva ammorbidirà nei successivi numeri il carattere, pur sempre forte, del “re del terrore”, che da spietato ladro assassino diventerà un personaggio via via più umano, contraddistinto da un suo particolare senso morale. Eva Kant diviene via via meno sottomessa al partner, e il suo aiuto si rivela indispensabile e apprezzato per il protagonista.


Il nome anagrafico di Diabolik è tuttora ignoto, egli è l’unico sopravvissuto di un naufragio, ritrovato su una scialuppa alla deriva al largo di un’isola popolata da alcuni pescatori e dai membri della banda criminale del potentissimo boss del crimine King. Il boss non vedendo nessuna minaccia nel ragazzo decise di non eliminarlo accettando che crescesse sull’isola accudito un po’ da tutti i membri dell’organizzazione che si riferivano a lui chiamandolo semplicemente “Il ragazzo”.

Diabolik trascorre i primi 22 anni della sua vita sull’isola di King dimostrando fin da piccolo un’intelligenza prodigiosa. Il ragazzo fu apprezzato da tutti e tutti gli insegnano qualcosa: da Dempur impara a tagliare pietre preziose e a riconoscere i falsi a vista d’occhio, dall’ingegner Suanda apprende i segreti del mondo dei motori ma soprattutto grazie allo scienziato Wolf si appassiona alle scienze, in particolare la chimica in cui dimostra un talento unico. Durante la sua adolescenza “il ragazzo” sente parlare dell’esistenza nella jungla di una terribile pantera nera chiamata Diabolik che terrorizza i pescatori e i membri della banda. Il ragazzo vuole vedere l’animale con i propri occhi ma è scoperto da uno scagnozzo di King mentre si addentra nella zona proibita, per farlo tacere. il futuro criminale. commette il primo omicidio della sua vita, riuscendo a realizzare una messa in scena per fare in modo che l’omicidio sembri opera della pantera. 

Dopo aver derubato ed ucciso King il ragazzo scappa dall’isola ma è rintracciato dagli uomini della banda, desiderosi di vendicare il loro capo. Dopo una dura colluttazione fu salvato da un contrabbandiere di nome Ronin, che notando le potenzialità del giovane gli offre di entrare a far parte della propria scuola, luogo dove vige una rigida disciplina che tempra i migliori soldati e assassini mercenari del pianeta. Nella scuola il ragazzo adotta definitivamente il nome di Diabolik. In quel periodo gli furono insegnate numerose tecniche che in seguito faranno parte della sua attività, come i mille trucchi che utilizza per seminare i nemici e il lancio del pugnale.

Poco tempo dopo la scuola fu distrutta e tutti gli allievi e i maestri, compreso Ronin, furono uccisi da Walter Dorian, un criminale di Clerville sosia di Diabolik. Diabolik, unico sopravvissuto, lo ucciderà, in apparenza, e s’impossesserà della sua Jaguar e di tutte le sue proprietà, assumendo l’identità di Dorian. Avendo perso l’unico amico della sua vita Diabolik abbandona la scuola e inizia la sua carriera in Oriente. Qui avvenne il primo incontro tra lui e Ginko. L’ispettore, sulle tracce di trafficanti di droga, avrà il primo faccia a faccia col criminale e in quel momento inizierà la loro eterna sfida. Poco tempo dopo, Ginko lo catturerà ma, proprio grazie alle sue maschere, Diabolik fuggì subito dopo.

Il primo colpo, raccontato nel primo episodio della serie, ‘Il re del terrore’, vede come vittime la famiglia Garian. Con un abile gioco di maschere e intrighi, Diabolik rovina l’intera nobile casata. Farà la prima apparizione Gustavo Garian, che nei primi numeri sarà una sorta di assistente di Ginko. Nel primo numero conosciamo anche Elisabeth Gay, la prima ragazza di Diabolik, bella ma molto ingenua, che crede che il suo amante sia un ricco uomo d’affari.

Lady Kant appare per la prima volta nel 1963, nel terzo numero della testata e trova subito in Diabolik il compagno di vita ideale; presto si imporrà stabilmente nelle pubblicazioni, scardinando lo stereotipo del “criminale solitario” che inizialmente andava delineandosi. Diabolik e Eva sono dei ladri molto sofisticati, padroni di un preciso e personale codice morale, ma non appartengono alla categoria dei ladri gentiluomini. Uccidono per impossessarsi delle fortune altrui, ma ,potendo, evitano i delitti narcotizzando le loro vittime con qualcuna delle diavolerie inventate da Diabolik.

Allo stesso modo si è evoluto il personaggio di Eva: nelle prime storie la donna aveva un ruolo decisamente subalterno a Diabolik, e spesso era ritratta mentre si disperava per essersi trovata in una vita da incubo. In un albo, Diabolik arriva addirittura a tentare di strangolarla dopo una sua disobbedienza. Col tempo però il rapporto uomo-donna e di partnership tra Diabolik ed Eva è divenuto via via di perfetta uguaglianza.

 

Il duo romantico e criminale è in lotta perenne con l’ispettore Ginko, e anche se a volte costui riesce a catturarli, essi riescono sempre a farla franca grazie a ingegnosi trucchi e straordinarie fughe spesso a bordo della famosa Jaguard E-Type, o evasioni che si svolgono anche grazie alle famose maschere, così perfette da ingannare chiunque; con tali maschere Diabolik ed Eva Kant riescono ad assumere le sembianze più disparate.

 

Le avventure inedite di Diabolik sono pubblicate anche oggi mensilmente, a 50 anni di distanza dalla prima uscita. I primi numeri sono oggetto di culto da parte dei collezionisti. Le sue storie, smussate dal cambiare dei tempi e delle mode affascinano

 

Martin Luther King

on 10 Novembre 2014 in Sixties Cults

Martin Luther King è stato un pastore protestante e leader dei diritti civili.  Il suo nome è accostato, per la sua attività di pacifista, a quello di Gandhi, il leader della non violenza, della cui opera King è stato uno studioso.

Unanimemente riconosciuto apostolo instancabile della resistenza non violenta, eroe e paladino dei reietti e degli emarginati, “redentore dalla faccia nera”, Martin Luther King si è sempre esposto in prima linea affinché fosse vinto, nella realtà americana degli anni Cinquanta e Sessanta, ogni tipo di pregiudizio etnico. Ha predicato l’ottimismo creativo dell’amore e della resistenza non violenta, come la più sicura alternativa sia alla rassegnazione passiva che alla reazione violenta. Le prime campagne di King erano incentrate sull’abolizione di quel sistema di norme segregazioniste vigenti in particolare negli stati del Sud degli USA.

 

King incontrò John F. Kennedy  il  23 giugno del 1960, Kennedy lo rassicurò, affermando che riteneva fondamentale la questione del diritto al voto e che era favorevole da sempre ai diritti civili. Nel 1963 la folla poté assistere alla stretta di mano tra Kennedy e i leader della SCLC e al celebre discorso “I have a dream” di King, preparato poche ore prima di quella stessa giornata, che divenne il discorso-simbolo della marcia ed uno dei più famosi della storia oratoria americana.

Dopo essere tornato dal suo viaggio da Oslo dove il 10 dicembre 1964 ricevette il Nobel per la Pace, nel discorso tenutosi al banchetto celebrativo ad Atlanta, il 27 gennaio 1965 affermò che se si fosse ritirato, una volta ottenuto il massimo riconoscimento, si sarebbe ritirato all’apice della sua azione.

Martin Luther King giunse a Menphis il 3 aprile 1968. Dopo la marcia, rientra al Lorraine Motel. Nella sua stanza, la 306, situata al secondo piano, assieme ai suoi cerca di organizzare un nuovo corteo per uno dei giorni successivi. Alle 18:01 King uscì sul balcone del secondo piano del motel, dove venne colpito da un colpo di fucile di precisione alla testa. Fu accertato che lo sparo proveniva dalla stanza della pensione Bessie Brower, che si trovava di fronte a quella dove si riposava il pastore. La stanza era registrata a nome di John Willard che si rivelerà essere uno pseudonimo utilizzato da James Earl Ray. L’uomo fu arrestato l’8 giugno mentre cercava di lasciare il l’Inghilterra con un falso passaporto con il nome di Ramon George Sneyd.

King, in America, come Gandhi in India, organizzò una protesta pacifica, senza armi, soprattutto basandosi sul dialogo, ottenendo anch’egli grandi risultati. Applicò i principi della non violenza riscuotendo grandi successi, grazie anche ad una strategica preparazione dei metodi, dei luoghi e dei momenti di protesta, in modo da massimizzare la loro visibilità. “I have a dream”  è il titolo del discorso tenuto da Martin Luther  a Washington, al termine di una marcia di protesta per i diritti civili : in esso esprimeva la speranza che un giorno la popolazione di colore avrebbe goduto degli stessi diritti dei bianchi. Questo discorso è sicuramente uno dei più famosi del ventesimo secolo, ed è diventato simbolo della lotta contro il razzismo negli USA.

 

 

I BEATLES PUBBLICANO IL LORO PRIMO SINGOLO

on 31 Ottobre 2014 in Sixties Cults

“Love Me Do” è un brano di Paul McCartney ed è incluso nell’album di debutto dei Beatles “Please Please me” del 1964.  E’ ricordato soprattutto per essere il loro primo singolo, pubblicato in Inghilterra il 5 ottobre del 1963. Il singolo raggiunse la 17° posizione nelle classifiche inglesi. Negli Stati Uniti il singolo, uscito nell’aprile del 1964 si è piazzato in testa alla classifica Billboard Hot 100.  “Love Me Do” comincia con l’armonica a bocca blues suonata da Lennon, a cui segue la strofa cantata da McCartney e Lennon insieme. La struttura del brano si è ispirata all’armonica dell’artista americano di rhythm and blues di Bruce Channel nella sua canzone “Hey! Baby”.

La prima versione del 45 giri è comunque quella con Ringo Starr alla batteria, il brano è stato incluso, anni dopo, nella versione americana di ‘Rarities Past Masters. Volume Uno’. La versione con Andy White è invece presente nel primo album inglese dei Beatles, “Please Please Me” nell’album “Beatles’ Hits”e in tutti gli album seguenti in cui è presente la canzone.

 

Il 4 settembre 1962 i Beatles si recarono agli Abbey Road Studios di Londra dove cominciarono a provare “Please Please Me”, “Love Me Do” e “How Do You Do It?”, un brano composto da Mitch Murray,che secondo il produttore George Martin, sarebbe dovuto essere il loro primo singolo. Martin aveva infatti deciso di scritturare i Beatles non tanto per le loro composizioni quanto per la loro personalità e le loro qualità individuali. Durante una sessione serale i Beatles registrarono quindi “How do you do it” e “Love Me Do”.

Dopo aver ascoltato i pezzi, George Martin prese una decisione storica e scelse “Love Me Do” come primo singolo dei Beatles. “How Do You Do It?” era materiale di prima scelta, come dimostrarono ‘Gerry and The Peacemakers’  che lo fecero arrivare al numero uno delle classifiche inglesi nel 1963, e aveva un sound più adatto per quel periodo. Ciò che colpì Martin e che lo convinse a puntare su “Love Me Do” fu soprattutto il suono lamentoso dell’armonica a bocca di Lennon, che gli ricordava i pezzi dei bluesmen Sonny Terry e Brownie McGhee.

Dal momento che il tamburello non era incluso nella registrazione del 4 settembre, è comunque facile distinguere tra le due versioni – quella con Ringo e quella con White.Una versione blues più lenta di ‘Love Me Do’, è presente in alcuni bootleg ,è stata suonata dai Beatles nel 1969 , durante la session di “Get Back” per l’album “Let it be”.

Questo è il testo di “Love me do” :

Love, love me do
You know I love you
I’ll always be true
So please, love me do
Whoa, love me do

Love, love me do
You know I love you
I’ll always be true
So please, love me do
Whoa, love me do

Someone to love
Somebody new
Someone to love
Someone like you

Love, love me do
You know I love you
I’ll always be true
So please, love me do
Whoa, love me do

Love, love me do
You know I love you
I’ll always be true
So please, love me do
Whoa, love me do
Yeah, love me do
Whoa oh, love me do
Whoa yeah (fade out)

 

Il boom economico del 1960

on 27 Ottobre 2014 in Sixties Cults

Il boom economico è un periodo della storia d’Italia di forte crescita economica e sviluppo tecnologico, compreso tra gli anni Cinquanta e gli anni Settanta del XX secolo. Le nuove logiche geopolitiche della Guerra Fredda contribuirono a far sì che l’Italia  potesse godere, a partire dal 1947, di consistenti aiuti da parte del Piano Marshall, valutabili in circa 1,2 miliardi di dollari dell’epoca.

Si erano poste le basi d’una crescita economica spettacolare, destinata a durare sino alla crisi petrolifera del 1973 e a trasformare il Belpaese, da Paese sottosviluppato ad una delle nazioni più sviluppate dell’intero pianeta. Ad esempio, nei tre anni che intercorsero tra il 1959 ed il 1962, i tassi di incremento del reddito raggiunsero valori da primato: il 6,4%, il 5,8%, il 6,8% e il 6,1%.  Valori tali da ricevere il plauso dello stesso presidente statunitense John F. Kennedy durante una celebre cena col presidente Antonio Segni.

Questa grande espansione economica fu determinata in primo luogo dallo sfruttamento delle opportunità che venivano dalla favorevole congiuntura internazionale. Più che la lungimiranza degli imprenditori italiani ebbero effetto l’incremento vertiginoso del commercio internazionale e il conseguente scambio di manufatti. Il maggiore impulso a questa espansione arrivò proprio da quei settori che avevano raggiunto un livello di sviluppo tecnologico tale da consentire loro di reggere l’ingresso dell’Italia nel Mercato Comune.

Il sistema economico marciava a pieno regime, il reddito nazionale stava crescendo e la gente era rinfrancata dall’incremento dell’occupazione e dei consumi. D’altra parte, all’inizio del 1960 l’Italia si era fregiata di un importante riconoscimento in campo finanziario. Dopo che un giornale inglese aveva definito col termine “miracolo economico” lo sviluppo in atto, una giuria internazionale, interpellata dal “Finacial Times”, aveva  attribuito alla lira l”Oscar” della moneta più salda fra quelle del mondo occidentale.

La prevalente concentrazione industriale e delle condizioni di maggiore produttività agricola e terziaria nel Nord del paese continuava ad alimentare situazioni di forte divario territoriale, cariche di implicazioni sociali ed economiche. Un’importante conseguenza di questo processo fu l’imponente movimento migratorio avutosi negli anni Sessanta e negli anni Settanta. È stato calcolato che nel periodo tra il 1955 e il 1971, quasi 9.150.000 persone siano state coinvolte in migrazioni interregionali; nel quadriennio 1960-1963, il flusso migratorio dal Sud al Nord raggiunse il totale di 800.000 persone all’anno.

Gli anni Sessanta furono teatro di un rimescolamento formidabile della popolazione. La grande espansione fu anche teatro di straordinarie trasformazioni che riguardarono lo stile di vita, il linguaggio e i costumi degli italiani, accompagnati da un deciso aumento del tenore di vita. Nelle case delle famiglie di quanti potevano contare su uno stipendio cominciavano a far ingresso numerosi beni di consumo, come le prime lavatrici e i frigoriferi. Anche le automobili cominciavano a diffondersi sulle strade italiane con le FIAT 500 e le FIAT 600.

Lo sviluppo di quegli anni era accompagnato da un miglioramento generale delle condizioni di vita della popolazione sostenuto dalla crescita dei consumi privati che, tra il 1950 e il 1962, avevano registrato un tasso di sviluppo “di entità mai sperimentata in precedenza”, pari al 4,9% annuo. L’Italia si aprì così ai mercati internazionali.

 

SONIA E LE SORELLE

on 22 Ottobre 2014 in Gruppi, La Mattonatta

La Mattonella: Gruppi
Informazioni inviate da: Aldo Corazza

Il materiale fotografico è stato inviato alla nostra redazione da Aldo Corazza che ospitava nel club “Greffa – C8”, vari gruppi tra i quali Sonia e le Sorelle.

La biografia che qui riportiamo è invece tratta da Wikipedia.

Sonia e le Sorelle è un girl group pop attivo negli anni Sessanta. Il loro repertorio era melodico e improntato su ritmi di hully-gully e beat.
Sono ricordate per aver inciso jingle pubblicitari per Carosello, fra cui Salomone pirata pacioccone e Olivella e Mariarosa.

Le componenti del trio vocale erano tre sorelle di Prato: Sonia (nata il 17 agosto 1951, già premiata con il titolo di “Sartina d’Italia” per la sua attività di sarta), Nadia e Luana Natali (figlie d’arte, il padre era attore).

Iniziarono l’attività canora cantando nei dopolavoro fiorentini fino a che il cantante Narciso Parigi le fece conoscere attraverso le programmazioni radiofoniche locali di Radio Firenze. Riuscì anche a farle scritturare dalla sua casa discografica, La Voce del Padrone.

Il loro repertorio rifletteva il gusto canoro dell’epoca. Il 45 giri del debutto, con cui si presentarono al festival delle Rose del 1964, conteneva sul lato a Se mi lascio baciar, scritta da Nicola Salerno “Nisa” e basata su un ritmo di hully-gully. Il lato B era un brano costruito nello stile di Pino Donaggio, all’epoca molto in voga. Il singolo fu lanciato nella trasmissione radiofonica Toscana Canta presentata da Corrado.

La partecipazione al festival delle Rose del 1966 fu contrassegnata da polemiche perché il brano presentato – Un riparo per noi, inciso anche da I Nomadi – era una cover non ufficialmente accreditata di With Girl Like You del gruppo britannico The Troggs. Il testo della versione italiana non era aderente a quello originale e, tenendosi al passo con la contestazione montante in quegli anni, trattava – neppure troppo fra le righe (si parlava di pioggia d’atomi e di pioggia radioattiva) – del fall-out atomico, argomento cantato nei medesimi anni da Bob Dylan. Il 45 giri contenente il brano fu ritirato in tutta fretta dal mercato divenendo ben presto oggetto di culto fra i collezionisti.

Dal 1967 è iniziato lo scioglimento del gruppo: Sonia ha intrapreso successivamente una carriera da solista, sia pure accompagnata spesso dalle sorelle.

Luana Natali è diventata insegnante di educazione musicale, canto corale e pianoforte a Pontassieve. Si occupa anche di musicoterapia.

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GEFFA – C8

on 22 Ottobre 2014 in La Mattonatta, Ricordi

La Mattonella: Ricordi
Informazioni inviate da: Aldo Corazza – Portogruaro (VE)

Nel 1964 al giornale, a tiratura nazionale, “Tuttomusica tv” aderiscono settimanalmente circa 10 club di tutta Italia con il nome “Greffa (gruppo)”; ogni club da una sua denominazione e il nostro si chiamerà “C8 Greffa Eight Club” (Come gli 8 amici fondatori).
Il giornale settimanalmente dedica circa 4 pagine con foto e recensioni sulle attività dei club.

La sede del C8 è a casa mia, a Pordenone, e oltre ai festini anni ’60, cominciamo a contattare cantanti e complessi per organizzare qualche serata in allegria.
Intanto a fine 1966 il giornale “Tuttomusica tv” viene assorbito dal giornale “Ciao amici” di Milano.

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Tra il 1965 e il 1967 organizziamo più spettacoli con “Sonia e le sorelle” di Firenze, reduci dal Cantagiro e Festival delle rose, i “Pooh” (prima formazione con Valerio Negrini alla batteria, Fogli e Facchinetti) che per l’occasione presentano il loro disco “Brennero” che due giorni dopo presenteranno a Roma al Festival delle rose (nonostante le varie polemiche derivanti dagli attentati di quel periodo in Alto Adige); I Pooh arrivarono da noi con il loro pulmino Wolkswaghen dal Piper di Milano dove avevano suonato la sera prima.
Nel 1967 spettacolo anche con il complesso dei “King” ex di Dino di Verona.
Nel 1967 però il servizio militare, rallenta bruscamente la mia attività amatoriale (e di conseguenza anche del C8) anche se fortunatamente, essendo in caserma a Roma, posso assistere al Piper ai vari spettacoli con gli artisti del periodo.
Rientrato nel 1968, la nostra passione per la musica continua anche se la rivoluzione studentesca e lavorativa di quegli anni cambierà molto il nostro modo di vivere spensierato.
Ad oggi, ho ancora una ricca collezione di dischi, un juke boxe e la passione ancora intatta per quegli anni e per quella musica… ma questa è un’altra storia…

Aldo Corazza

UNDER 23

on 22 Ottobre 2014 in Gruppi, La Mattonatta

La Mattonella: Gruppi
Informazioni inviate da: Roberto Saggia

Spett. Redazione,

complimenti per l’iniziativa di Radio Birikina che ci permette di tornare (seppur con la memoria) indietro ai meravigliosi anni ’60.

Approfitto quindi anch’io per inserire in questo vostro spazio alcune foto del complesso musicale di cui ho fatto parte dal 1964 fino alla fine degli anni ’60.

Il complesso era denominato “UNDER 23”, originario di Mestre, si esibiva nella provincia di Venezia e non aveva particolari esigenze, ma ci faceva piacere suonare per divertirci e divertire altri in varie occasioni in qualche sala o durante le feste paesane.

Il gruppo era così composto:

Riccardo Righetto alla batteria

Daniele Righetto – chitarra

Alfredo Parravicini – chitarra

Dario Pastrello – chitarra basso

Roberto Saggia – chitarra solista

Franco Basato – voce

Ringrazio ancora Radio Birikina per la pubblicazione di queste foto e il farci ricordare momenti piacevoli della nostra vita.

Cordiali saluti.

Roberto Saggia

RAGAZZI DELLA NOTTE

on 22 Ottobre 2014 in Gruppi, La Mattonatta

La Mattonella: Gruppi
Informazioni inviate da: Lietta – Mel (BL)

I Ragazzi della notte suonavano negli anni Settanta in vari locali della provincia di Belluno.

La formazione:

Franchino Bogo -chitarra e voce

Gianni Zampieri – chitarra

Pierino – Sax

Aldo Dal Favero – Basso

Renato Cibien – Batteria

I-ragazzi-della-notte

2001 Odissea nello spazio

on 17 Ottobre 2014 in Sixties Cults

2001 : Odissea nello spazio’ è un film di fantascienza di Stanley Kubrick presentato il 6 aprile del 1968, basato su un soggetto di Arthur Clarke.  Kubrick aveva contattato lo scrittore perché aveva bisogno di un buon soggetto per un film di genere. Il lavoro è rimasto uno dei filmati più celebri grazie alla sceneggiatura, alla recitazione e alla tecnica di ripresa. Riprende con fedeltà l’ambiente spaziale: l’astronave ha una gravità a causa della rotazione, i movimenti in assenza di gravità sono lenti come dovrebbero essere e la scena in cui un astronauta rientra nell’astronave è stata approvata dagli esperti come verosimile.

Ognuno è libero di speculare a suo gusto sul significato filosofico del film” ha dichiarato Kubrick “ho tentato di rappresentare un’esperienza visiva, che aggiri la comprensione per penetrare con il suo contenuto emotivo direttamente nell’inconscio.” A questo proposito è di grandissimo effetto l’unione tra le due scene iniziali: l’utilizzo di un osso da parte di un ominide e le astronavi orbitanti attorno alla Terra. In questo modo il regista ha compiuto un salto logico di millenni con un’operazione che trova pochi riscontri nella storia del cinema.

La prima parte del film rappresenta degli uomini primitivi che toccano un monolito nero, imparando ad usare gli strumenti per sopravvivere. Nella seconda parte il film racconta il 1999 dove alcuni ricercatori sono chiamati in missione sulla luna. La terza parte si svolge nel 2001 dove un gruppo di scienziati sono a bordo della ‘Discovery One’ diretti verso Giove. Qui entra in scena il computer HAL 9000. Si scoprirà che al computer è stato chiesto di nascondere il reale obiettivo della missione. Quest’ordine creerà un conflitto interno ad HAL che inizierà a manifestare nei pressi di Giove. Il computer cercherà di ostacolare gli esseri umani, giungendo anche a ucciderli. Uno di loro, però, David Bowman, riesce a prendere il controllo della nave, disabilitando le funzioni superiori di HAL. Il computer sembra regredire allo stato infantile intonando un sinistro ‘Giro giro tondo’. Nell’ultima parte lo scienziato prova ad avvicinarsi a Giove con una capsula. E qui viene investito da una scia luminosa e inquietante, che lo trascina ad una velocità imponderabile e lo porta in una stanza chiusa. L’uomo riesce a vedere se stesso nelle varie fasi della propria vita fino alla morte e alla rinascita in un feto cosmico, il “bambino delle stelle”. Si può ipotizzare che l’uomo in uno spazio-tempo ignoto riesca ad evolversi in un essere estremamente evoluto.  

Uno dei temi che colpirono maggiormente il pubblico e la critica fu il supercomputer HAL 9000 con la sua voce suadente e la sua successiva ribellione.  L’unica previsione corretta, almeno finora, è che i computer sono capaci di vincere gli uomini nel gioco degli scacchi. Tuttavia, se si intende la pellicola come il pronostico della supremazia della tecnologia sulla società, allora il film è estremamente attuale.

La musica che accompagna la metamorfosi dell’uomo è l’inizio di “Così parlò Zarathustra” di Richard Strauss. Il poema sinfonico sottolinea tutti i punti di svolta della storia. La scelta di questo brano non è casuale in quanto la sinfonia si ispira all’omonima opera di Friedrich Nietzsche, nella quale si narra la discesa del profeta tra gli uomini per insegnare loro a diventare liberi. E’ probabile che gli autori abbiano voluto evocare un’analogia tra Zarathustra e il monolito nero.