LA CANTAVA JANNACCI: “VENGO ANCH’IO. NO TU NO!”

Cari amici di Radio Birikina,

il titolo del nostro articolo vi serve da spunto proprio per definire l’argomento di cui vogliamo parlare oggi. Se dicessimo “Vengo anch’io”, il riferimento immediato vi riporterebbe alla risposta “No, tu no!” Ma come nasce questa canzone?

 

Nel 1967 Enzo Jannaci è continuamente impegnato nei club milanesi e in collaborazioni con altri grandi artisti come Bud Powell, Tony Dallara, Giorgio Gaber, Adriano Celentano e Luigi Tenco. Negli stessi anni con Giorgio Gaber fonda “I due corsari”, con cui incide alcuni 45 giri. Il 1960 è l’anno della svolta con l’inizio di una fortunata carriera da solista. I primi tre album sono i seguenti: “La Milano di Enzo Jannacci” (1964), “Enzo Jannacci in teatro” (1965) e “Sei minuti all’alba” (1966).

E’ in quegli anni che l’artista lavora al primo abbozzo del brano “Vengo anch’io. No tu no”. A tal proposito riportiamo la testimonianza di Jannacci: “Lavoravo in un cabaret torinese che poi è fallito. Mi davano un po’ di paga e il mangiare. Una sera ho suonato il motivo a Pupo de Luca; suonando ho allargato, mi sono scaldato, ed è venuto fuori questo: ‘Vengo anch’io. No tu no’, che via via ha preso un tono isterico. La frase già c’era, e anche la musica”.

Facciamo un salto al 1967, nel frattempo Jannacci è convolato a nozze, ha lavorato con numerosi altri artisti ed è pronto per ultimare un nuovo album. Come abbiamo già detto, il brano esisteva già in precedenza ma, come ben racconta l’artista, “Ho fatto sentire il tutto a Fo, gli ho detto ‘Guarda Dario, qui bisogna trovare una storia da metterci intorno’. Ci siamo seduti e abbiamo buttato giù la prima strofa”.

Nel nuovo lavoro non può mancare la celebre “Vengo anch’io. No tu no” che raggiunge subito il successo sperato!

Vogliamo ricordarvi la prima strofa, il resto lo lasciamo cantare a voi…

“Si potrebbe andare tutti allo zoo comunale

“Vengo anch’io. No tu no”

Per vedere come stanno le bestie feroci

E gridare aiuto, aiuto è scappato il leone,

e vedere di nascosto l’effetto che fa.