DALLA FIABA AL GRANDE SCHERMO: LA BELLA ADDORMENTATA NEL BOSCO

Carissimi Birikini,

oggi vogliamo farvi ritornare un po’ più giovani con uno dei classici della storia del cinema d’animazione, uno di quei lungometraggi che non conosce età: “La Bella Addormentata nel bosco”. Quante volte vi avranno raccontato questa fiaba e quante volte anche voi, a vostra volta, avrete narrato a figli o nipoti la storia di questa giovane principessa?! Diciamo che Walt Disney ci ha semplificato le cose raccontando con sequenze animate, come solo lui sapeva fare, questa fiaba. Beh tutti conosciamo la vicenda: un re e la sua regina che dopo tanto sperare riescono ad avere una figlia, Aurora. Grande festa in tutto il regno per il battesimo della piccola; sono tutti invitati tranne la strega Malefica che offesa, lancia una maledizione: la fanciulla crescerà in grazia, bellezza e virtù ma il giorno del suo sedicesimo compleanno ella si pungerà con il fuso di un arcolaio e cadrà in un sonno profondo. L’unico modo per destarla dal maleficio è il bacio del vero amore. Il lieto fine è assicurato e tutto il regno vivrà in serenità per sempre.

Tuttavia non è della trama che vogliamo parlare, ma di come dal testo scritto si è arrivati al grande schermo. Il lavoro sulla storia ebbe inizio nel 1951; dall’adattamento narrativo si passò poi all’animazione che impiegò numerosi artisti per ben sei anni (dal 1953 al 1958) e alla registrazione della colonna sonora (1957). Disney voleva riportare lo spettatore ad un’epoca lontana e magica, sconosciuta e innovativa…

Eyvind Earle era la risposta alle richieste di Walt Disney: lavorò a lungo trattando ogni singolo fotogramma come fosse un quadro d’autore. Altro processo costoso impiegato fu il Super Technirama 70 windscreen che, attraverso la visione a schermo intero, rendeva più nitida l’immagine. Inoltre lo strumento era dotato di ben sei piste audio stereofoniche, ciò significa più forza e chiarezza nel sonoro. L’impatto visivo con tutti questi nuovi accorgimenti risulta differente rispetto ai lungometraggi precedenti (“Biancaneve e i sette nani”, “Cenerentola”, “Pinocchio”, per fare qualche esempio). Il disegno è più stilizzato: vengono abbandonate le forme rotondeggianti a favore di quelle spigolose (lo si può notare nei contorni del viso dei personaggi o nei paesaggi). La fase di produzione era alquanto articolata: i primi lungometraggi prma di essere abbozzati venivano interamente recitati da attori in carne ed ossa, in questo modo era possibile studiarne il movimento.

La colonna sonora venne realizzata da George Bruns; Disney voleva un film che si ispirasse all’omonimo balletto (non a caso il nome della protagonista è Aurora); la musica è quindi adattata e in gran parte presa dall’originale opera di Cajkovskij, composta nel 1890. E come scordare il celebre valzer tramutato in una canzone dal titolo “Io lo so”?

Opera ambiziosa, senza tempo; i punti vincenti oltre ai fondali e ai disegni sono senza dubbio i personaggi, in particolar modo Malefica che non è più la vecchia megera ma una dama di charme i cui tratti disegnati (la forma del volto e degli occhi), infondono nello spettatore diffidenza. Altra osservazione riguarda la caratterizzazione dei personaggi: mentre Aurora rimane come Biancaneve, passiva al suo destino, Filippo è il primo principe nella storia dei lungometraggi dell’azienda, a ribellarsi al destino e a lottare per la sua amata, sfidando Malefica. A ben guardare, “La bella Addormentata nel bosco” è un lungometraggio sulla crescita. Tema centrale è l’attesa, di cosa? Dell’età adulta quella in cui ciascuna fanciulla potrà coronare il sogno d’amore perché le esperienze e il tempo hanno portato a maggior consapevolezza e alla formazione dell’identità. Aurora dormiente, in attesa di essere svegliata dal bacio del vero amore è un invito a non bruciare le tappe, a pazientare ed attendere perché un giorno il sogno diverrà realtà…