“FAZZOLETTI DI TERRA” UN DOCUMENTARIO PER TESTIMONIARE IL PERIODO POST BELLICO DEL NORD ITALIA

Cari amici Birikini,

oggi vogliamo parlarvi di un regista, attore e sceneggiatore originario di Vittorio Veneto (TV): Giuseppe Taffarel.

Ancora giovane si trasferisce a Roma per seguire l’Accademia di Arte Drammatica “Silvio d’Amico”. All’inizio degli anni ’50 Taffarel si trova a dividere le spese di un appartamento con l’attrice Sophia Loren e instaura un rapporto d’amicizia con Gina Lollobrigida. Recita in alcuni film per poi dedicarsi interamente alla regia (tra i collaboratori figurano, Glaudo Pellegrini, Rodolfo Sonego e Michelangelo Antonioni).

A livello storico ci troviamo in periodo post bellico: l’Italia deve rialzarsi dal conflitto mondiale ed è proprio su questo che verte il lavoro di documentarista Giuseppe Taffarel. Il primo film risale al 1960 e si intitola “La Croce”, girato a Vittorio Veneto e nei paesi limitrofi. Il documentario che ha fatto il giro del mondo, si intitola “Fazzoletti di terra” (1963), ambientato a Valstagna, nella Val di Brenta. Il lavoro documenta la vita di due contadini obbligati alla coltivazione dei terrazzamenti.

Il documentario, benchè frutto di una sceneggiatura ben costruita è comunque una delle opere più espressive e cariche di pathos di Taffarel. Il cortometraggio dura circa tredici minuti in cui vediamo i due contadini raccontarsi e lavorare la terra. Si tratta di una coppia di mezz’età che non si concede un solo giorno di vacanza; lavorano così da sempre, senza respiro, in solitudine per conquistare pochi metri di terra (da qui il titolo “Fazzoletti di terra”). Taffarel segue attentamente i movimenti dei due personaggi, lascia molto spazio alle azioni dei due personaggi e meno al dialogo; l’obiettivo è cogliere le loro vite in flagrante.

La famiglia Cocco si concede solo un giorno di riposo, per andare a portare un mazzo di fiori sulla lapide- ricordo del figlio Pietro, impiccato dai nazi-fascisti a Bassano del Grappa nel 1944. Le ultime parole del documentario recitano così: “All’inizio quando abbiamo avvicinato questi due contadini mentre spaccavano le pietre li avevamo guardati solo sotto il profilo umano ed economico, erano così isolati dal mondo che parevano al di fuori di tutto. Avevamo dimenticato che anch’essi fanno parte di noi, che sono parte attiva della nostra storia”.